Doveva
essere almeno un villaggio, tanto tanto tempo fa. Oggi non rimane
che una casa diroccata, abitata da zecche e zanzare e arredata con i rami di un
bosco fitto che si intrufola fra le pietre sgretolate insieme ai raggi di sole.
foto di Elisa Norelli
Si arriva a Riarsiccio senza preavviso, camminando con costanza lungo un bel tratto di
sentiero, cullati nel passo dal fogliame soffice sotto gli scarponi e un baldacchino di alberi alti sopra la testa. Un po’ sovrappensiero, o magari col pensiero rivolto
unicamente al proprio zaino, che non si vede l’ora di appoggiare, a quel punto si
fa una pausa.
E' già da un po’ che si cammina, dopo aver abbandonato l’Osteria Bruciata, una
delle più famose, ma anche più misteriose, locande dell’Appennino.
Un'antica leggenda, raccontata dagli anziani del Mugello, narra la
storia di una malfamata osteria e della sorte dei suoi viandanti. I poveri pellegrini
che faticosamente riuscivano a raggiungere il crinale tra le vallate della
Sieve e del Santerno, trovavano proprio sul valico una locanda che a prima vista
appariva davvero un agognato punto di ristoro. Ma secondo la truculenta
leggenda, di notte l’oste e i suoi familiari assassinavano nel sonno i
viandanti, rubavano i loro beni e servivano le loro carni stufate come vivande
ai clienti successivi.
Un bel giorno, però, dal paese a valle insorse un
drappello di giustizieri che impiccò i malfattori e incendiò l’osteria,
cancellandone ogni traccia, a parte l'attuale cippo postumo.
foto di Barbara Ielasi
E non lontano
da lì, qualche quercia più in giù, avvolta da cerri e faggi e castagni, sta la
casetta di Riarsiccio, da cui potrebbero uscire un orco, la strega di Hansel e
Gretel, quella di Blair e qualunque delle nostre fantasie. Oppure solo
l’incanto del bosco, mentre ci si gode una pesca seduti per terra, prima di
riprendere il cammino in direzione Firenze, lungo la meravigliosa Via degli Dei che parte da Bologna.
Voi che salite questo verde monte
E il silenzio cercate
Dov'è più folto il bosco e chiaro il fonte,
Anime innamorate,
Pietà di me! Sul margin della via
Seggo soletto e gramo:
Ahi grave, amanti, è la sventura mia!
Pietà di me! Non amo.
Pietà di me! Sul margin della via
Seggo soletto e gramo:
Ahi grave, amanti, è la sventura mia!
Pietà di me! Non amo.
SCRITTO SOPRA UN SASSO
di Lorenzo Stecchetti alias Olindo Guerrini
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